Crollate le ideologie finisce il cammino di emancipazione dell’uomo? No, ma serve una “novità antica”: la Chiesa. Ecco un estratto del pensiero di Ferré, il filosofo preferito da papa Francesco.

Il titolo è pretenzioso. Il tema è immenso. Tanto che qui è possibile proporre solamente alcune annotazioni. Si tratta, piuttosto, di fissare una prospettiva di riflessione che è stata assai sottovalutata in tutto il dibattito, negli anni 80, su “modernità e postmodernità’”. Più che sottovalutata, ignorata, assente. E’ questa: “Che c’entra oggi la Chiesa con la modernità e la postmodernità’?”.

Tuttavia, porsi oggi il problema della crisi della modernità, da eredi della modernità, questa volta senza la Chiesa, è ipotizzare che la Chiesa sia rimasta definitivamente indietro rispetto alla Modernità Illuminista e che la sua crisi non può aver alcun riferimento alla Chiesa. Ciò andrebbe bene se la Chiesa fosse sparita da allora. Ma se è sopravvissuta, come e perché è sopravvissuta?

Quale fu l’essenza del Concilio Vaticano II?

Manteniamo il dibattito europeo-nordamericano degli anni 80 in vista. Tuttavia per comprenderlo bene, parrebbe indispensabile risalire agli anni 60, ai suoi antecedenti più prossimi. Si può sempre andare più lontano, ma limitiamoci al più vicino possibile senza rimanere nella paralisi del puramente attuale, l’immediato, che sarebbe giornalistico. (…) Basta un segno simbolico per riassumere. Alla vigilia del decennio 1960 veniva pubblicata la famosa opera di John Kenneth Galbraith “La Società opulenta” (in realtà “affluent”: prospera). Nel mondo capitalista del Nord Atlantico cominciava un’epoca di prosperità senza paragoni in tutta la storia precedente. Il ciclo delle guerre mondiali (1914-1945) rimaneva nel passato, con le sue filosofie pessimiste, gli esistenzialismi, la minaccia nichilista. E’ anche il momento del disgelo sovietico, della de-stalinizzazione. Nel primo lustro di tale decennio splendido per i centri metropolitani, in condizioni di Coesistenza Pacifica, viene convocato e realizzato il Concilio Vaticano II. Che cosa fu, nella sua essenza, il Concilio Vaticano II? Lo abbiamo già detto molte volte. Il Vaticano II fu la prima riattualizzazione storica della Chiesa nella modernità. Che cosa significa? Che la Chiesa, che non aveva risposto con pienezza alle sfide della Riforma protestante e dell’Illuminismo secolare, arrivava ora da se stessa a farsi carico di quelle due sfide e a trascenderle, assimilando nella sua propria logica cattolica, dalle proprie radici, il meglio della Riforma e dell’Illuminismo. (…) Il Vaticano II si faceva carico, trascendeva la Riforma e l’Illuminismo, non meramente rifiutando i loro errori, ma facendo propria la verità che li animava. (…) Era facile lasciarsi sfuggire l’originalità integratrice del Concilio Vaticano II, cadendo cosi in interpretazioni parziali e insufficienti. Fu ciò che proliferò al principio. E’ più facile (…) ridurre invece il Concilio ad una capitolazione di fronte alla Riforma e all’Illuminismo, sottomesso alla “modernità vigente”. (…)

Il “marxismo libertario”

Oggi, un quarto di secolo dopo, l’orizzonte si va chiarendo da se’, grazie alla progressiva decantazione del tema. Il Vaticano II si realizza lungo il sentiero stretto della bipolarità dominante tra la società capitalista metropolitana e il regime collettivista marxista. (…) Ci sono state sostanzialmente due correnti secolari, che hanno investito in particolare la gioventù e si sono propagate velocemente nei mondi universitari di tutto l’Ecumene in gradi e toni diversi.

Uno fu quello che potremmo chiamare il “marxismo libertario” per includere una moltitudine febbrile di tendenze, che si potrebbe caratterizzare così: una straordinaria irruzione del “marxismo occidentale” che tentava di superare il “marxismo autoritario” imperante ad Est tramite un marxismo compatibile con la libertà e realizzatore di libertà, della liberazione tanto dal capitalismo come dal dogmatismo sovietico. Si tentava di criticare e superare il Marx dominante, utilizzando il vero Marx. C’era una speranza gigantesca di rinnovazione del marxismo, che prese piede nel movimento giovanile. Tornava poderosamente l’utopia che sembrava capace di mettere sotto scacco la diarchia mondiale. Gran parte della “intelligencija” occidentale prese tale strada. Sartre fu il paradigma di quel momento: dalla nausea esistenziale e “L’essere e il nulla”, dove l’uomo era una passione impossibile, era arrivato alla “Critica della ragione dialettica”, dove faceva del marxismo la filosofia insopprimibile del XX secolo. Tutto il nostro secolo ruotava intorno a Marx, profeta di liberazioni incandescenti. In realtà questo marxismo che penetrò in tutte le atmosfere e a tutte le latitudini, era un canto del cigno. Il “marxismo libertario” in pochi anni si perse in avventure senza futuro, fu incapace di generare realmente un’alternativa credibile al “marxismo sovietico” e terminò nel terrorismo e nella noia. L’ondata del “marxismo libertario” fu incapace di rinnovare il marxismo, che rimaneva imbalsamato nelle mani di Sulslov e Breznev. Presto si trasformò in nostalgia giovanile per il passato. Rimase solo l’inganno. Da questa crisi uscirà una parte dei “post-moderni”.

L’edonismo “Hippies”

L’altra corrente fu più informe e diffusa. Si lega maggiormente all’espansione della società dei consumi e alla protesta ambigua contro le sue alienazioni. Il principale paradigma sono i movimenti “Hippies”. Un grande edonismo accompagna il consumismo. Libertà sessuale, si espande il movimento in favore dell’aborto. Lo sbocco sono le droghe. E’ interessante segnalare la ripresa di Sade, ossia il libertinismo aristocratico, che ha costituito la prima forma di ateismo occidentale. Si può spiegare così: tra i secoli XVI e XVIII l’edonismo si poteva sviluppare solamente tra le classi elevate della società. Sade lo unifica nel modo più profondo: il potere del piacere e il piacere del potere, quando l’esistenza rimane priva di senso e valore. Ma ora la “società dell’opulenza” metteva l’edonismo alla portata della classe media. Si sviluppa l’industria della pornografia.

Questa doppia corrente secolare, diciamo, si mescolò con il post-concilio, oscurando il senso del Vaticano II. Alle speranze esaltanti e speranzose con le quali si visse il Concilio stesso, seguirono le angosce inaspettate del post-concilio. Il lavoro soave e tenace del papato, con Paolo VI e Giovanni Paolo II salvò il senso del Concilio, nel momento in cui la gran parte delle élite intellettuali della Chiesa soccombevano ad amalgami destrutturanti.

La Chiesa non è contro l’Illuminismo

Dalla grande narrazione della storia della salvezza della Chiesa viene la narrazione della ragione emancipatrice della storia dell’Illuminismo. Nella prima, comanda la trascendenza; nella seconda l’immanenza. La seconda è una secolarizzazione della prima. Dal punto di vista della storia della salvezza, questa può fondare una lotta per l’emancipazione nella storia. Però non ammette che l’emancipazione possa compiersi pienamente da sola, né che riesca a liberarsi della sua precarietà nella storia.

C’è stata una grande lotta tra la “storia della salvezza” e la “emancipazione nella storia”. Furono vissute come incompatibili. Ora, il Vaticano II mostra che la storia della salvezza fonda e dà senso alla lotta per l’emancipazione. La lotta per l’emancipazione, lasciata a se stessa, non sbocca in nulla, non emancipa, non genera salvezza. (…) Per questo la Chiesa eredita e salva il meglio dell’Illuminismo, trascendendolo.

Il 1989 cambia tutto: inizia la Post-Modernità

Benché il termine “modernità” sia stato introdotto da Chateaubriand, il suo uso si diffuse dopo la Seconda Guerra Mondiale. Ad ogni modo (…) è l’Illuminismo il termine che si usa come riferimento per il “moderno”. (…)

[Vi è] una chiara linea di divisione della storia, alla quale prima abbiamo alluso, e che ora prendiamo come asse di riferimento: il 1989. E’ la data precisa dell’autodemolizione dei regimi marxisti nell’Europa dell’Est e dell’URSS, però di incidenza universale, mondiale. Una data che chiude una storia e ne dà inizio a un’altra. (…) A rigore, il 1989 segna la apertura della Post-Modernità, in una maniera infinitamente più profonda delle opinioni di alcuni intellettuali e anche di alcune correnti alla moda.

Diamo dunque la parola alla storia nella sua efficacia, piuttosto che agli intellettuali. Come ridefiniamo i termini della Modernità in relazione con il processo storico? Diciamo che il sistema che regnò dal 1945 al 1989 implicava principalmente la lotta fra due Modernità discendenti dall’Illuminismo: la prima pluralista, democratico-liberale, aperta alle molteplici opzioni religiose e filosofiche, con economia di mercato: la seconda, totalitaria marxista, un collettivismo ateo, con economia centralizzata. (…) Di queste due Modernità, una è più antica e l’altra più moderna, riguardo all’Illuminismo. La più antica – composta di parti più complesse e per alcuni “pre-moderne”– è quella che ha il suo centro negli Stati Uniti. L’altra appare come più moderna. Infatti il marxismo vuole essere una rottura e una separazione di quella prima Modernità, pretende di sostituirla, aprire una nuova storia. (…) Sartre non si sbagliava quando diceva che il marxismo era la filosofia del secolo XX. Era ciò che definiva ciò che era avanzato e ciò che era retrogrado. Penetrava con i suoi asserti implicitamente anche nei suoi maggiori nemici. E questo è ciò che definitivamente ha smesso di essere, in modo sorprendente e improvviso, nel 1989. (…)

La fine del marxismo libertario

Inizia così un nuovo gioco, che rompe gli schemi mentali imperanti dal 1945 al 1989. E che cos’era questa Post-Modernità europea prima del 1989? Era il disincanto del marxismo libertario (…). Un godimento nichilista, di un presente prospero, però senza esigenza di essere un soggetto storico reale. Questo nichilismo di ricchi (…) annuncia il fine della storia, la liberazione da tutte le liberazioni, la post-utopia, ovvero la post-storia. (…) Ora, il 1989 lascia indietro tutto questa bigiotteria.(…)

Sarà la Chiesa a compiere la parabola della Modernità?

E il 1989 come coglie la Chiesa? Marx e il marxismo sono al centro della corrente storica che condannava la Chiesa alla pre-modernità senza rimedio. Si proponevano come la più radicale critica alla religione cristiana. Andavano più in là del Cristianesimo, perché lo realizzavano nell’aldiqua della storia, facendo a meno di esso. (…) Tutto questo passò alla storia nel 1989 come via morta, la distruzione del sogno più moderno. E’ la fine del Mito della Rivoluzione come sostituzione alla Chiesa. I sotterratori della Chiesa si sono sotterrati (ovvio, mai tutti). (…)

Con il pontificato di Giovanni Paolo II (…) ritorna ad acquisire chiarezza l’essenza del Concilio Vaticano II, oscurata per un momento. Il 1989 mostra (…) come la Rivoluzione Religiosa per assunzione – della Riforma e dell’Illuminismo – prosegue il suo cammino. E questo ci fa vedere, nei vespri del Nuovo Millennio, che forse il vero nome della Post-Modernità o della nuovaa Modernità sia la Chiesa di Cristo ancora una volta. La Buona Notizia, il Vangelo, è la Novità insuperabile, la Modernità sempre moderna, fino all’autentico fine della storia.

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