[Dopo aver ascoltato chi come Mario Adinolfi, afferma il suo radicale Sì a Cristo, sentiamo una campana di segno diametralmente opposto, ovvero quel Piergiorgio Odifreddi che è considerato un po’ “il principe degli atei” italiani e che ringraziamo per aver accettato di buon cuore la “sfida”]

Lei che si definisce un matematico impertinente, spero non la prenderà a male se quest’intervista sarà appunto un po’ impertinente, nel senso che vorremmo farle quelle domande che sono considerate tra i benpensanti  un po’ tabù e che invece sono il cuore del nostro sito: quelle sul significato del vivere e sul misterioso uomo, Gesù di Nazareth, che ha portato queste domande al limite estremo, fino a sfidare tutta la libertà umana.  

Allora, immaginiamo che la nostra vita sia come un treno che viaggia nella notte e che di questo convoglio non conosciamo né la stazione di partenza né quella di arrivo: lei che cosa fa su questo treno?

Io in treno in genere leggo e quindi, anche anche nella metafora che mi propone, faccio esattamente quello. Infatti mentre oggi sono tutti preoccupati per il virus, io sono qua tranquillo: posso leggere, scrivere, quindi quella è un po’ la mia vita.

Allora sarebbe interessante sapere qual è il suo tema preferito di lettura, ovvero qual è la curiosità ultima che infine le muove la vita.

Forse la farà ridere la cosa, ma in questo momento sto scrivendo per la Rizzoli un libro (che uscirà in autunno) sull’infinito, anche se forse non è l’infinito che interessa a lei…

E perché? Mi interessano tutti gli “infiniti”. Forse, piuttosto, l’Infinito che interessa me non è interessante per lei… ma in ogni caso vorrei andare oltre le “negazioni”. Mi spiego. Lei è certamente uno tra gli “atei” più famosi in Italia e viene quindi invitato a parlare per il fatto che lei “non crede” in qualcosa. Ecco, qui invece vogliamo chiederle: in che cosa crede? Che cosa secondo lei rende la vita degna di essere vissuta?

Per esempio, nella lettera aperta che avevo fatto a papa Benedetto XVI c’è tutto un capitolo dedicato a questo. Dire “io non credo” ovviamente significa soltanto che non credo alla religione istituzionale che abbiamo qui in Italia. Alla fine di questo libro-lettera scrivevo che non ho nessun problema a riformulare addirittura il Credo della fede cristiana, in modo da farlo diventare un “credo” che può benissimo professare anche uno scienziato: basta togliere l’antropomorfismo che c’è nella divinità e parlare del Logos, della ragione. Uno scienziato che non credesse che il mondo è razionale, che cosa dovrebbe fare? Addirittura uno come Hawking nel suo libro La breve storia del tempo scriveva che gli scienziati vogliono capire i pensieri dalla mente di Dio. Se – come diceva Spinoza – la natura è il “corpo di Dio” e le leggi della natura sono “i pensieri dalla mente di Dio”, allora che problema c’è? Poi, ovviamente la vita non si può vivere senza credenze: se io non credessi che lei è dall’altra parte di questo aggeggio informatico, non starei qui. Anche per le scoperte scientifiche dobbiamo avere fiducia che la comunità scientifica non menta… La matematica è più fortunata: non ha bisogno di molta fede, perché c’è sempre una dimostrazione verificabile.

Quello che io imputo un po’ alla fede cattolica è che essa è basata, in primo luogo, su affermazioni di un libro di 2000-3000 anni fa e, in secondo luogo, su proclamazioni dogmatiche fatte dai Concilii ecumenici e dai papi: ebbene, questo è esattamente l’opposto del metodo scientifico, che non ha un libro su cui sono scritte le verità già pronte e soprattutto non te le dice qualcun altro che le proclama uscendo da un balcone.

Eppure il metodo scientifico ha avuto inizio, tra gli altri, con Galileo, che era un credente…

Sì, ma un credente finito male, perché insegnava ai credenti ad esserlo come si doveva. Infatti diceva che se si vede una contraddizione tra il libro della natura e il libro della fede, allora si sta interpretando male il libro della fede.

Su questo punto Benedetto XVI ha fatto notare un mistero che non si può a mio parere liquidare facilmente: da dove viene la corrispondenza tra il “logos” che c’è dentro la natura e il “logos” che c’è nella mia testa? Ovvero, per quale strana ragione vi è un essere nell’universo (l’uomo) che ha nella mente le stesse strutture logiche presenti nelle leggi ordinate della natura? Come mette insieme questi due mondi, il cervello umano e la natura – che di per sé non c’entrano nulla l’uno con l’altro – se non c’è un Mistero Buono che ha infuso questo meraviglioso ordine in entrambi?

Questa è la dimostrazione dell’esistenza di Dio per Ratzinger: la natura infatti secondo lui è “oggettiva”, mentre la matematica è “soggettiva” e dunque la concordanza può nascere solo se un Logos superiore permette questo. Per me la spiegazione è più semplice e viene dall’evoluzionismo: l’uomo ha sviluppato la capacità matematica semplicemente adattandosi alla natura. Se uno si rende conto che ci sono 3 predatori invece di 1 sopravvive, sennò viene sopraffatto.

Questa spiegazione del “salto” dalla mente animale alla mente razionale umana mi sembra alquanto “miracolosa” – più di quella ratzingeriana a essere onesti – ma non voglio insistere. Piuttosto, vorrei andare al cuore della questione, al punto che ha diviso in due la storia e su cui si va a scontrare davvero la libertà umana. Perché – se vogliamo continuare a parlare di Logos – a un certo punto è accaduto un fatto eccezionale, unico: un uomo ha affermato la cosa più enorme che si possa dire sulla faccia della terra, ovvero di essere lui quel Logos, quel significato vero e grande della vita che viene ad abbracciare l’uomo per salvarlo e donargli la pienezza cercata. Insomma, un uomo ha detto di essere quel Mistero, non solo Intelligente ma Buono, che è il senso del vivere… Dio. Secondo lei, noto non-credente, costui è un folle? E’ un impostore? Che giudizio dà dell’uomo Gesù di Nazareth?

Innanzitutto io non credo personalmente che Gesù sia mai esistito. Abbiamo pochi riferimenti autenticamente storici, i soliti 3 o 4 che vengono sempre citati. Non si possono considerare naturalmente i Vangeli come fonti storiche, sennò dovremo considerare storici anche i libri di Rama e di Visnù. Quindi rimangono poche fonti, in parte dubbie dal punto di vista storico, in parte interpolazioni successive, in parte non parlano neppure sicuramente di Gesù (in alcune si parla di un certo “Cresto”). Secondo me se uno legge i Vangeli si accorge abbastanza bene come sono stati costruiti: la mitologia diciamo così della nascita e della morte – che sono i due fatti essenziali della fede – sono quello che noi oggi chiameremmo un “copia-incolla” delle profezie. Il fatto che qualche profeta avesse detto certe cose e che poi uno facendo “copia-incolla” può costruire una storia più o meno sensata dal punto di vista letterario, ebbene questo non è assolutamente la prova dell’esistenza di nessuno. La cosa più convincente del fatto che i Vangeli non parlano di un personaggio reale è che se uno li legge si accorge che ci sono tre tradizioni molto diverse fra di loro che convergono. La prima è la tradizione sapienziale che sono i detti di Gesù, di tipo pseudo filosofico, di cui il Discorso della Montagna il tipico esempio. Poi, c’è una seconda ispirazione che è contraddittoria con la prima, che è quella un po’ più – se posso dire così senza offendere – ciarlatanesca, cioè del miracolante che va in giro e che risuscita i morti e che moltiplica i pani e pesci, eccetera (faccio notare che è lo stesso personaggio che in una parte dei Vangeli dice “io non faccio miracoli, l’unico segno che avrete da me è il segno di Giona cioè la resurrezione”). Queste due prime tradizioni, se vogliamo, sono la prima “esoterica” (per coloro che hanno una spiritualità un po’ più elaborata) e la seconda “essoterica” (quella dei miracoli che servono per il popolino). E poi c’è una terza tradizione che è ovviamente quella politica, infatti quando muore, il cartello che gli mettono porta scritto “re dei giudei”.

Tutte queste tradizioni erano perfettamente presenti nella Palestina dell’epoca: c’erano molti che predicavano, dicendo cose più o meno sagge, c’erano molti ciarlatani che facevano i supposti miracoli e c’erano molti ribelli politici.

Tra l’altro. in India, oggi, ritrova esattamente la stessa situazione, perché ci sono a santoni appunto che predicano e ci sono dei ciarlatani che dicono di materializzare le cose – tipo Sai Baba – e poi ci sono ovviamente i politici.

Quindi io non trovo strano che si sia creata una figura immaginaria basata su queste 3 tradizioni, ma questo non è la prova che sia esistita “una” persona.  Tra l’altro la cosa paradossale è che io in passato non ho mai dubitato dell’esistenza di Gesù: non credevo alla sua divinità. Questo fino a quando non ho letto i Vangeli da adulto.

Quindi da questo punto di vista per me l’uomo Gesù non è mai esistito, ma l’uomo di cui parla lei è ancora un passo successivo. Se lei infatti avesse chiesto a Gesù “ma è vero che tu dici di essere il Logos?”, probabilmente sarebbe cascato dalle nuvole. Questa è un’ellenizzazione che è avvenuta dopo, per opera di Paolo prima e poi soprattutto dei concili successivi.

Avrei molte cose da obiettare, a partire per esempio dai numerosi riferimenti storici di cui i Vangeli sono costellati (a differenza di tutti gli altri libri sacri conosciuti) e dal genere del racconto evangelico (anche questo unico tra i libri religiosi) e dall’unicità della figura di Gesù che emerge dalle testimonianze, “non inventabile” per mille motivi (primo fra tutti il suo scandalo, il suo essere oltre qualsiasi ragionevolezza umana).

Forse, dovrebbe farsi delle domande allora…

Giusto. La parte più difficile, però, è che bisogna essere disposti ad accettare anche le risposte scomode…

Ma quelle scomode sono quelle che do io!

Non credo. In un’intervista analoga alla sua per Pepe, diceva Adinolfi – che so essere un suo “avversario” televisivo – che Gesù lo ha “inchiodato” alla verità. Cioè quando uno incontra Cristo poi non è più “autonomo”, è legato profondamente a Lui e quindi deve sacrificare il suo ego, le sue idee in nome di una Verità liberante e insieme “difficile”. Nell’esperienza di un grande amore, la vita diventa immensamente più bella ma anche “scomoda”.

Adinolfi ha questa posizione un po’ di lontananza dalla teologia, dal tomismo, è l’altra faccia della fede: lui dice “io credo senza prove”. Allora diventa una questione di scelta o nemmeno di scelta, ma semplicemente di predisposizione personale. Io ovviamente facendo il matematico sono portato a pensare in un altro modo.

Proviamo a rimanere “sul suo campo”. Le porto un’obiezione della ragione al suo discorso precedente sulla non-storicità di Gesù, che viene da Napoleone Bonaparte. Alla fine della sua vita, chiacchierando con un suo generale, Napoleone disse che Gesù non può essere un “uomo inventato” e nemmeno “un grande uomo e basta”, perché lui non conosce nessuno, eccetto Cristo – nessun generale né condottiero – per cui ancora oggi le persone vivono, combattono e sono disposte a morire, dopo che Gesù è morto. Cioè, nella storia ci sono stati condottieri per cui si muore quando essi sono vivi, ma come fa a essere “falso” qualcuno – ed è l’unico uomo per il quale accade questo – per cui si muore 2000 anni dopo la sua morte?

Evidentemente non conosceva abbastanza della storia delle religioni, perché in India ancora oggi si muore per Rama o per Visnù.

Ma io sto parlando di “un uomo”.

Beh, anche quelle sono divinità incarnate. Anzi, se poi uno va a studiare l’Induismo, si trova che quella di Brahma-Shiva-Vishnù è molto simile alla Trinità cristiana. Napoleone non so quanto sapesse della religione, ma in realtà non credo che ci sia niente di così diverso da tante altre religioni. Non tutte le religioni hanno divinità incarnate, però a volte sì. Addirittura ci sono religioni che sono “atee”, che non credono nell’esistenza di Dio, come il buddismo e il confucianesimo. Uno vede le cose col paraocchi della propria religione e crede che sia tutto nuovo, tutto diverso, poi comincia a guardarsi intorno e si accorge che non è così.

Ad esempio, recentemente, ad Ayodhya, in India, fu costruita una moschea islamica in quello che alcuni credevano fosse esattamente il luogo di nascita del dio Rama. Ad un certo punto i fedeli di Rama l’hanno distrutta pezzo a pezzo e ci sono stati duemila morti, perché quelli credevano che il dio Rama fosse esistito quindi come persona in carne ed ossa e che fosse nato proprio lì dove era la moschea. E quindi succedono le stesse cose: si è disposti a dare la vita, ma dare la vita secondo me è un segno di poca sanità mentale, non di grande fede.

Insisto su questo punto perché è decisivo, a proposito di “questioni scomode”, come si diceva prima. E’ doveroso, secondo me, riconoscere l’eccezionalità – voglio dire al limite anche l’assurdità – della pretesa storica dell’uomo Gesù di Nazareth e non fuggire da essa, non mescolarla con altre storie che, da un lato, non hanno nemmeno un grammo del suo scandalo – di identificazione totale con Dio (non un’associazione a qualche forma del divino) fino alla morte e resurrezione – e, dall’altro lato, non hanno affatto la stessa attendibilità storica: nei Vangeli abbiamo numerosi riferimenti ad avvenimenti specifici del tempo, da Tiberio a Ponzio Pilato, i nomi dei sommi sacerdoti, il censimento, etc… oltre a testimonianze non-cristiane di vario genere. Per personaggi antichi, a cominciare da Alessandro Magno, le fonti storiche sono meno numerose e noi non abbiamo dubbi che Alessandro Magno sia esistito.

Possiamo non avere dubbi, ma quello che lei propone come argomento è tipico dei cattolici. Se uno guarda altrove nel Cristianesimo, per esempio il libro su Gesù di Schweitzer, che è una specie di riassunto della teologia protestante, si accorge che pezzo per pezzo è stato decostruito tutto di Gesù. E infatti quello che lei ha detto è esattamente quello che è rimasto: cioè, c’è un uomo che è nato all’epoca dei Romani in Palestina, che magari ha patito sotto Ponzio Pilato, che è stato crocifisso. Che sia esistito qualche uomo così ci credo anche io. Ma non è rimasto niente dei miracoli.

Non parliamo per ora dei miracoli, andiamo alla sua pretesa nuda e cruda di essere il Mistero che fa tutte le cose, che anche solo a dirla è incredibile e quindi impossibile da immaginare e poi da annunciare.

Questo è già aggiungere. Io sono dispostissimo ad ammettere che al tempo di Ponzio Pilato siano vissuti dei palestinesi che poi sono stati giustiziati, ma non si può sapere se uno di questi ha detto “io sono la via la verità e la vita”. Nemmeno i teologi protestanti credono più a queste cose. Quando si vanno a vedere i detti che si possono attribuire a Gesù non c’è nessuno che con sicurezza si può attribuire a lui, persino per i teologi cristiani che non siano cattolici. Il Cattolicesimo ha mantenuto un po’ questa posizione, che è quella tipica del Concilio Vaticano I e prima del Concilio di Trento, ma la teologia protestante invece ha fatto esattamente il contrario. Oggi c’è addirittura il Jesus seminar, che è un gruppo di un centinaio di teologi che si sono addirittura messi lì con le palline colorate e hanno piano piano analizzato tutti i detti e tutti gli atti di Gesù, dicendo questo è sicuro, questo è falso sicuramente, questo è dubbio, eccetera… e non è rimasto quasi niente. E infatti la cosa migliore è fare come Benedetto XVI, cioè non prendere questa strada, perché altrimenti non si arriva quasi a niente.

Questo è vero. Bisogna fissare l’attenzione sulla complessità della persona di Cristo e sulla sua eccezionalità testimoniata in modo unico nella storia umana. Ripeto, io sono con Napoleone: uno non si sogna di immaginarsi un uomo che dice di essere la Verità e di morire e di risorgere. Chi potrebbe a priori credere a una enormità del genere? Perché scriverla?

Detta così, è stata aggiunta sicuramente dopo, perché nessuno avrebbe avuto il coraggio di dire “io sono la Verità”.

Ma allora chi ha avuto questo coraggio “dopo”? Non abbiamo, né tra le religioni, né in nessun racconto, traccia di una notizia così “esagerata”. Lei ha citato degli esempi di “manifestazioni umane del divino”, ma la notizia che ‘un uomo si sia identificato con Dio e sia morto e sia risorto’ è un caso unico.

E – questa è la domanda nuova che voglio farle – è altrettanto unica la testimonianza che di questo avvenimento è stata fatta dagli uomini che lo hanno incontrato: ha attraversato le innumerevoli critiche razionalistiche, ha superato l’opposizione anche sanguinaria del potere perdonando i persecutori, non ha ceduto davanti alla derisione dell’opinione pubblica – fin dall’Areopago e anche fin da quando Gesù era sotto era sulla croce. Che cosa secondo lei ha dato agli uomini che annunciavano il Risorto – quindi una notizia così poco credibile, così poco “inventabile” – questa capacità di resistere nella storia, fino anche al dono della vita?

E’ tipico delle religioni. Se uno legge i testi indu, ci sono le stesse assurdità.  Quello che lei dice non è un’espressione di alta verità, ma è un’espressione di bassa mitologia e infatti non è un caso che all’interno della Chiesa Cattolica poi spesso si sottolinea che tutte quelle storie meglio lasciarle, perché l’unica cosa vera è la resurrezione – sennò come cristiano rimane veramente poco. Ma tutto il resto sparisce, in particolare tutti i detti, “io sono la verità e la vita”, il Logos incarnato e così via, sono tutte cose che in realtà sono state aggiunte – diciamo così – per la fede dei poveri di spirito. Come dice il Vangelo stesso, questo non è stato scritto per le persone razionali, ma per le persone irrazionali e quindi non ci si può stupire che ci siano irrazionalità dentro perché altrimenti non avrebbe funzionato. L’Induismo è molto più vecchio del Cristianesimo e questo non ha impedito che anche le storie dell’Induismo continuino oggi a essere ripetute dai fedeli e credute nello stesso modo.

C’è la notizia di un uomo induista in carne ed ossa, con riferimenti storici precisi, che sia risorto e che abbia detto di essere il destino di ogni uomo e per cui ancora oggi persone danno la vita?

In quel famoso libro I 16 salvatori crocifissi – le invierò l’indirizzo – si parla di come in tante altre religioni c’è esattamente il mito della morte e della resurrezione.

E vi si parla di un uomo che sia morto (e risorto) per cui ancora oggi si muore, come diceva Napoleone? Ammetterà che è un caso unico, davanti a cui si può dire “credo” o “non credo”, ma non mescolarlo a una delle tante idee (religiose o no) umane. Diciamo così: se è un’”imbecillità”, si tratta di “un’imbecillità di grado superiore” e che lei non riesce a spiegarsi.

Diciamo che ci sono tanti gradi di imbecillità…

E io ne sono un esempio! Oppure si tratta di una verità scomoda e grande, oltre l’immaginazione umana. A proposito di verità, mi piace questa sua estrema dedizione alla verità scientifica. Si vede tra l’altro che è qualcosa in cui crede anche a sue spese, perché ho visto che per esempio ha perso la sua preziosa collaborazione con Repubblica per difendere la veridicità di una notizia. Ecco, allora le voglio chiedere, visto che anche io ho studiato cose scientifiche ai tempi dell’università e ne sono appassionato: detto che la scienza è quella disciplina che studia l’ordine magnifico con cui le cose si ripetono, può bastare alla libertà dell’uomo questo eterna uguale ripetizione di tutte le cose? Non si va a finire in un fatalismo che ci opprime, non sente il desiderio di un significato più grande alla vita?

Ma, no… onestamente no… non è una cosa che sento. E soprattutto la libertà – come ci dicono oggi i neuropsicologi – probabilmente è un illusione.  Gli esperimenti di Libet ad esempio dimostrano, con gli elettrodi nel cervello, che quando uno decide di muovere un dito in realtà le aree del cervello preposte all’attivazione del movimento erano già attivate mezzo secondo prima del momento in cui io decido di fare qualcosa. Quindi succede qualcosa nel cervello che da una parte fa compiere azione e un po’ dopo dà l’impressione di aver scelto di compiere quell’azione. Quindi potrebbe essere che la libertà è un illusione.

Secondo un’altra interpretazione, questo studio rafforza l’esistenza della libertà: mostra infatti che la libertà viene prima del comando del cervello, che l’io viene prima addirittura della mente e dei neuroni. Ed è questo io, questa libertà a “comandare” sia la mente che i muscoli che si attivano.

Ma quell’impulso che uno legge nel cervello viene dopo, cioè è la materializzazione di una scelta che in realtà c’è già stata: allora questo mette in crisi il concetto di coscienza. E senza coscienza non c’è peccato. Secondo me la libertà è molto sopravvalutata: noi abbiamo una piccola finestra in cui possiamo decidere di fare, ma per la maggior parte delle nostre cose noi siamo determinati e soprattutto siamo incoscienti. Io per esempio mi sto muovendo, sto parlando, ma è non è che sia conscio di ciò che mi serve per muovere le braccia, per articolare i suoni, per mettere insieme i pensieri: è quasi tutto inconscio, quindi noi diamo un’enorme valenza alla coscienza, quando in realtà è probabilmente una piccola parte. Come diceva Schrödinger in uno dei suoi libri filosofici Mente e materia, probabilmente noi abbiamo la coscienza perché siamo esseri abbastanza recenti, quindi non siamo ancora completamente in grado di procedere col pilota automatico come fanno gli animali. Allora gli animali non hanno bisogno della coscienza,  noi invece abbiamo bisogno ogni tanto di un’aggiustatina perché non siamo abbastanza evoluti, ma quando finalmente lo saremo non saremo più coscienti.

L’umanità è quindi un difetto… E quindi se qualcuno la determinasse a essere cattolico, sarebbe contento?

E che cosa potrei fare? Probabilmente qualcuno o qualcosa mi ha determinato a essere così.

Postilla. Dopo i saluti e i ringraziamenti di rito, non riesco a togliermi dalla testa una delle ultime risposte (l’unica poco convinta, devo dire) dell’intervista all’arguto professore: “la libertà non esiste”. Che sia questo l’esito a cui deve arrivare, infine, una mente brillante che nega perentoriamente il misterioso uomo di Nazareth che diceva di essere “la verità che ci fa liberi”?

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