Il Cenacolo, lo sanno tutti (i credenti & praticanti) è quel luogo in Gerusalemme dove Gesù e i suoi Apostoli consumarono l’Ultima Cena. Lì avvenne la Lavanda dei Piedi e l’istituzione dell’Eucarestia. Sempre lì, sugli Apostoli all’uopo radunati, discese lo Spirito Santo il giorno di Pentecoste. Quella sala al primo piano si trovava in una casa che sorgeva proprio sulla cima del Monte Sion, sul quale era stata edificata Gerusalemme. Quando, dopo la rivolta giudaica finale, nel 135 l’imperatore Adriano rase al suolo la Città Santa, a farne le spese fu anche la chiesa in cui i cristiani avevano trasformato il Cenacolo. Con Costantino la chiesa fu ricostruita, ma venne di nuovo distrutta dai Persiani nel 614. Riedificata dopo la riconquista dell’imperatore bizantino Eraclio, conobbe una nuova devastazione con l’invasione musulmana. Di nuovo rialzata dai crociati, alla fine del XIII secolo divenne la base per i francescani, che vi ebbero il loro primo convento di Terrasanta. Ma nel 1551 i turchi, cacciati i religiosi, la trasformarono in moschea, e tale rimase fino al 1967, anno dell’arrivo degli israeliani. Questi consentirono, e ancora consentono, l’accesso a tutti, anche perché al piano inferiore c’era la venerata tomba di David, proprio accanto alla basilica della Dormizione. I francescani possono celebrarvi, ma solo al Giovedì Santo e alla Pentecoste. Ebbene, è da lì che, a quanto pare, proviene la Sindone. L’ipotesi è stata lanciata dal sito Aleteia.org (a firma di Daniel Esparza); meglio: ri-lanciata perché se ne discute almeno dal 2000. L’ha formulata John Jackson, direttore di un centro sindonologico americano. L’esperto, esaminando la Sindone, si è accorto che più che un sudario era una tovaglia. Il fatto è che –ha detto- gli ebrei, specialmente nelle solennità, per la cena rituale usavano non una ma due tovaglie. Una stava sulla tavola, sotto ai piatti. L’altra stava sopra, a coprire gli stessi per impedire che ci finissero la polvere e gli insetti. Un collega spagnolo di Jackson, Ignacio Dols, ha spiegato che la cosa ha senso: Gesù venne sepolto in tutta fretta; morì verso le tre del pomeriggio e lo Shabbat cominciava verso le sei. Giuseppe d’Arimatea aveva dunque a disposizione solo tre ore per a) andare da Pilato e ottenere il permesso di seppellire Gesù, b) togliere Gesù dalla croce, c) trasferirlo nella tomba di sua proprietà, d) ungerlo sia pur sommariamente, avvolgerlo in un telo e sigillare la tomba. Plausibile, perciò, che abbia usato quel che aveva a portata di mano: la tovaglia superiore. Il punto è: abbiamo la tovaglia inferiore per paragonarla alla Sindone? La risposta è sì. Da sempre nella cattedrale spagnola di Coria, in Estremadura, si venera una reliquia identificata dalla tradizione come la Tovaglia dell’Ultima Cena, le cui caratteristiche sarebbero le stesse della Sindone. Un mosaico d’epoca romana trovato nel chiostro fa pensare che si tratti del più antico luogo di culto cristiano della Spagna. Diventò cattedrale sotto i visigoti e poi moschea al tempo dei mori. Ridiventata chiesa cristiana dopo la Reconquista, nel 1498 fu riedificata totalmente; i lavori vennero completati solo nel 1748 e crearono uno stupendo esemplare di monumento del barocco iberico. Nel 1755 il tremendo terremoto che distrusse Lisbona (e convinse Voltaire che Dio non esiste) interessò anche la cattedrale, che ne rimase danneggiata. Comunque, la sua Cappella delle Reliquie non subì danni, ed è là che si trova la nostra Tovaglia. Seguendo l’intuizione di Jackson, alcuni studiosi hanno riscontrato notevoli somiglianze tra le due stoffe, Tovaglia e Sindone, arrivando a ipotizzare che siano stati tessuti dalle stesse mani e nello stesso momento. Anche le misure corrisponderebbero quasi al centimetro. Ma va anche detto che c’è chi non è d’accordo. Michele Loconsole, a un congresso a Orvieto il 29 agosto 2000, ha contraddetto l’ipotesi facendo presente che gli ebrei non usavano affatto tavole da pranzo, ma, come peraltro dicono i Vangeli, nelle occasioni importanti usavano tappeti (Mc 14,15: «una grande sala con tappeti») e mangiavano distesi «alla romana». Perciò non vi erano affatto tovaglie. E la Sindone era esclusivamente un lenzuolo funebre, comprato in fretta al mercato da Giuseppe d’Arimatea. Che cosa sia, dunque, la «tovaglia» di Coria non si sa.

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