Due giorni fa, in Argentina, si sono ripetute le stesse scene di giubilo del 25 maggio in Irlanda per una nuova legge che rende più facile sopprimere la vita umana nascente. Anche mettendosi nei panni dei sostenitori dell’aborto, tutto si può capire ma non la gioia. A meno che…        

Guardavo le scene di esultanza dopo che un ramo del Parlamento argentino ha approvato la legalizzazione dell’aborto, e mi domandavo, perché?

Per essere un sostenitore dell’aborto devi avere certe convinzioni. Che del proprio corpo si può fare quello che si vuole, e anche degli altri corpi in esso contenuti. Che un bambino concepito non è un essere umano o, se anche lo fosse, non gode degli stessi diritti degli altri esseri umani; oppure che il proprio interesse prevale su qualsiasi altra considerazione e diritto.

Ma ancora non basta. Perché, capite, si può essere disposti anche ad ammazzare il proprio figlio se sorgesse la necessità, ma ciò non basta per farti esultare in piazza perché viene approvata una legge che lo permette.

Per festeggiare a quel modo bisogna essere convinti che ci sarà per te un grosso miglioramento di vita o, in alternativa, che un tuo acerrimo nemico abbia subito una sconfitta. Perché l’uomo è fatto così: gioisce non solo del bene che gli è fatto, ma anche del male che capita al proprio avversario.

Con tutta la ragionevolezza del mondo, trovo difficile pensare che una ragazza esulti perché così potrà avere rapporti multipli senza protezione e abortire a raffica senza conseguenze. Un poco più credibile che un ragazzo esulti perché così potrà andare con tutte senza prendersi responsabilità ma, si sa, l’aborto è a favore delle donne. In ogni caso una simile gioia sfrenata per un tale bene ipotetico mi pare improbabile.

Quindi, deve essere il secondo caso. Il male per chi è odiato.

Datemi atto, è un pezzo che lo dico. Di certe leggi il significato autentico non è tanto cosa permettono, ma come possono essere usate, le loro conseguenze. L’abbiamo visto in Irlanda in questa settimana: appena tolta la protezione al concepito, si imporrà che anche gli ospedali cattolici debbano fornire l’aborto, cioè smettano di essere cattolici. Come la legge australiana che obbliga i sacerdoti a rompere il segreto della confessione, o l’altra che intima a sindaci e chiese di “sposare” omosessuali…

Quell’esultanza non è data da una vittoria, ma da una sconfitta. La sconfitta di una certa visione del mondo che rispettava ogni persona, chiamava il male con il suo nome e soprattutto chiamava il bene con il Suo nome.

La visione del mondo di quella Chiesa che è odiata dal mondo più di qualsiasi altra cosa, e contro la quale non si lesinano certo sforzi e denaro. Senza fiumi di soldi e la pesante mano del potere nessuno di quei provvedimenti che ho prima elencato sarebbe passato. I poveretti che esultano in piazza non si rendono conto di essere pedine acquistate da chi vuole il loro asservimento, che ha già ottenuto, e quello di tutti gli altri, per il quale sta lavorando.

Così è un dolore immenso vedere chi gioisce del proprio male. Sia in quelle piazze, sia purtroppo dentro quella stessa Chiesa che sembra talvolta assetata non di Cristo ma di autodistruzione. E’ qualcosa che rende perplessi.

Cosa vogliono realmente quelle persone in piazza? Sia che esultino per quella che pare a loro una sconfitta di una tradizione insopportabile che per una libertà che ora sperano di avere, non si rendono conto di avere perso la cosa più importante, cioè il desiderio dell’infinito. L’infinito, che non si accontenta di potere impunemente uccidere in grembo il proprio bimbo, ma che vuole una amore che non si può descrivere, tanto grande e tanto bello che c’è posto per tutto e per tutti. Invece l’aspettativa è abbassata, e l’umanità in loro è abbassata di conseguenza. Assassinata. Abortita.

Quante lacrime saranno versate per quella gioia.

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