Premessa necessaria: lo spettacolo dei mille del Popolo della Famiglia radunati a Roma all’Eliseo è evidentemente una novità nella storia dei cattolici e direi della storia italiana in generale. Mai prima d’ora c’era stato un movimento politico di popolo tutto incentrato sul cuore della Dottrina Sociale – vita famiglia educazione – e, come tale, libero, non subalterno alla cultura dominante. Eppure, proprio all’interno di quel mondo del “Family Day” che più di ogni altro dovrebbe apprezzare questa bella notizia, si registra una frattura, una divisione che il mio amico Mario Adinolfi dice essere di pochi “fissati” e che il sottoscritto fissato nel suo pessimismo vede un po’ più estesa, ragion per cui umilmente provo a proporre una possibile via d’uscita. Per far questo, cerco di astrarmi dalla mia dichiarata propensione pidieffina e provo a ragionare guardando la situazione come un osservatore esterno.

Dunque, cominciamo dall’inizio.

Il pomo della discordia è sorto, come si ricorda, in occasione dell’approvazione in rapida successione del divorzio breve e della legge Cirinnà, eventi che hanno costretto il Comitato “Difendiamo i Nostri Figli” (DNF) a rispondere alla seguente domanda: come proseguire in modo efficace l’azione del Family Day dopo che il Parlamento ha ignorato l’immenso popolo del Circo Massimo? Le risposte all’interno del Comitato sono state due (non senza dolorosa discussione): da un lato, Adinolfi, Amato e Di Matteo hanno ritenuto che da quel momento fosse impossibile affidarsi ai partiti esistenti e hanno deciso di creare appunto il Popolo della Famiglia (PDF); il resto del Comitato, invece, si è proposto di proseguire sostanzialmente sulla linea precedente, intensificando l’azione lobbistica e candidando persone vicine al Family Day nei vari partiti già esistenti.

Ora, si registra un salto di qualità, in negativo. Oltre alla divisione, si sta compiendo un vero e proprio “scisma”: ognuna delle due parti si considera l’unica evoluzione possibile del “Family Day” e, quindi, PDF e DNF si ritengono totalmente incompatibili e mutuamente esclusivi. E questo rischia di avere conseguenze negative anche in quel popolo che proprio un anno fa si è riconosciuto nelle istanze promosse da questo gruppetto dirigente miracolosamente improvvisato.

A sancire il primo passo verso lo scisma è stato il responsabile stesso di DNF, Massimo Gandolfini che, nel suo discorso all’assemblea nazionale del 22 gennaio del Comitato ha dichiarato: “E’ assurdo pensare a un partito unico dei cattolici come ai tempi della DC ed è impensabile anche una sorta di rappacificazione con il PDF sulla base di valori comuni, perché il PDF ha una strategia politica che noi non condividiamo”. Dall’altro lato, Adinolfi, nella sua chiamata all’Assemblea Nazionale del PDF di sabato 28 gennaio a Roma, ha risposto contrassegnando come un “errore politico strutturale” la scelta gandolfiniana di delegare “ai vecchi partiti del centrodestra la rappresentanza delle proprie istanze”.

Insomma, come detto non solo divisione, ma reciproca esclusione: la scelta dell’altro è “assurda”, oppure è un “errore strutturale”. In sintesi, entrambe le parti si accusano reciprocamente di svolgere un’azione vecchia, non adatta alla novità dei tempi: Gandolfini rifiuta l’idea di un partito unitario dei cattolici come un anacronismo, possibile al più ai tempi della DC; e, similmente, Adinolfi vede come un’ostinazione incomprensibile il fatto di continuare in una “presenza dei cattolici in altri partiti” che nel recente passato ha fallito.

Il paradosso della faccenda è che ognuno dei due ha ragione… a patto di non esistere. Detto in termini meno criptici, Gandolfini di per sé ha ragione quando afferma che è anacronistico un partito unico dei cattolici (possibile ai tempi di una società naturalmente cristiana), ma se quest’ultimo (diciamo, il PDF) si affiancasse ai cattolici diffusi in altri schieramenti facendo loro da collante trasversale in Parlamento, continuerebbe ad essere così assurdo? Insomma, Gandolfini avrebbe ragione se il suo Comitato non esistesse…

E analogamente Adinolfi ha ragione a dire che il DNF commetterebbe un “errore strutturale” a riaffidarsi solamente ai cattolici sparsi nei vecchi partiti, ma con la presenza del PDF nelle istituzioni anche il DNF tornerebbe ad avere senso: i parlamentari pro-famiglia sparsi nei vari schieramenti troverebbero nel PDF infatti un punto di riferimento visibile e compatto, che permetterebbe di resistere più facilmente alle pressioni dei capi-schieramento e del sistema mass-mediatico. Anche qui, l’errore del DNF decade se il PDF esiste…

In definitiva, la solitudine del popolo del Family Day, ultimo difensore delle verità fondamentali che reggono l’umano, ha imposto all’agenda politica dei cattolici la ricerca di una novità, che non può essere né il partito unico in stile DC e neppure la presenza diffusa in stile Centrodestra del recente passato.

E questa novità dei tempi potrebbe essere proprio la presenza simultanea di quei due fattori – il partito unico sui principi non negoziabili e i cattolici presenti come lievito anche in altri partiti – che sembrano escludersi a vicenda. In assenza di un “elemento coagulante” dei cattolici in politica – che ai tempi della DC è stata la società cristiana e ai tempi del Centrodestra è stata l’autorevole guida della CEI – il nuovo modello da seguire è simile a quello dei Radicali di pannelliana memoria: un manipolo di duri e puri all’interno delle istituzioni (il PDF) che giocano tutta la loro vitalità politica sui principi non negoziabili e fanno sì che parlamentari affini di altri schieramenti si uniscano trasversalmente sulle questioni poste dalla loro agenda.

In fondo, il cuore del dissidio interno al “Family Day” trova alimento nel fatto che ognuna delle due parti afferma alla fin fine di poter fare a meno dell’altra. Eppure, in circostanze lontane dalla campagna elettorale in atto, Gandolfini ha riconosciuto l’impossibilità dell’auto-sufficienza, infatti, in un’intervista a Il Giornale ha dichiarato che se dovesse nascere un partito che metta al centro della sua agenda la vita e la famiglia, lui lo sosterrebbe. E, d’altra parte, lo stesso Adinolfi ha realisticamente posto – almeno, inizialmente – come obiettivo del PDF quel 3% che garantirebbe la presenza fisica in Parlamento, ma non certo l’autonomia per realizzare l’agenda che ha in mente.

Certo, ora la campagna elettorale non aiuta, ma il vero grande passo da compiere non è tanto l’unità tra le due parti, quanto semplicemente un loro reciproco riconoscimento di esistenza. Per dirla ancora con metafora ecclesiale, occorrerebbe passare dallo “scisma” alla “differenza dei carismi”, dalla reciproca esclusione a due modalità di azione distinte unite dal fine comune della difesa dell’umano nelle istituzioni.

Da una parte, il carisma adinolfiano della novità di un popolo che per la prima volta nella storia decide di giocare il tutto per tutto sulle questioni al cuore della Dottrina della Chiesa e dell’umano. Dall’altra parte, il carisma gandolfiniano di singoli parlamentari cattolici che influenzano culturalmente grandi partiti. Separati, ma coscienti (e magari riconoscenti) che l’altra parte esiste. Basta poco. Magari si può cominciare riconoscendo un diritto dei cattolici ad azioni politiche alternative al PDF per difendere la vita e la famiglia e, dall’altra parte, cessare la drammatica congiura del silenzio intorno al movimento adinolfiano. In fondo, ci vuol poco: può bastare anche solo lo sforzo di pronunciare correttamente il nome del Popolo della Famiglia.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here