Dati interessanti dal rapporto Acnur 2017: i profughi aumentano, ma la maggior parte viene assorbita dai paesi meno sviluppati. A conferma che il vero problema non sono coloro che fuggono da situazioni di pericolo, ma quanto la cultura degli immigrati in genere sia conciliabile con quella occidentale.           

Nel 2017 il numero complessivo dei profughi ha raggiunto la cifra record di 68,5 milioni, 2,9 milioni in più rispetto al 2016. Lo rivela il nuovo rapporto annuale dell’Acnur, Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, pubblicato come di consueto alla vigilia della Giornata mondiale del rifugiato che ricorre ogni anno il 20 giugno. Escludendo i 5,4 milioni di palestinesi che dal 1949 sono protetti dall’Unrwa, l’Agenzia Onu per il soccorso e l’occupazione dei palestinesi nel Vicino Oriente, restano sotto mandato Acnur 40 milioni di sfollati, quasi 20 milioni di rifugiati e poco più di 3,1 milioni di richiedenti asilo in attesa di conoscere l’esito della loro richiesta.

Il 68% dei rifugiati sono originari di cinque paesi: Siria, Afghanistan, Sudan del Sud, Myanmar e Somalia. Per il quarto anno consecutivo il paese che ospita più profughi espatriati è la Turchia, con 3,5 milioni, seguita da Pakistan, Uganda, Libano, Iran, Germania, Bangladesh e Sudan.

L’incremento dei profughi di per sé preoccupante – quasi tre milioni, il più elevato mai registrato nell’arco di un anno – lo diventa ancora di più se si considera che si è verificato nonostante che nel 2017 ben quasi cinque milioni di profughi – 4,2 milioni sfollati e 667.400 rifugiati – siano tornati a casa. Nel frattempo conflitti, persecuzioni e violenza diffusa hanno costretto alla fuga altri milioni di persone: in Myanmar, ad esempio, dove dall’agosto 2017 quasi 700.000 Rohingya sono espatriati in Bangladesh in seguito alla ripresa degli scontri tra militanti musulmani dell’Arakan Rohingya Salvation Army e militari governativi, in Sudan del Sud che ormai, a causa dello scontro tribale per il potere iniziato nel 2013, registra 2,4 milioni di rifugiati, la Repubblica Democratica del Congo, devastata da gruppi armati e da una grave crisi politica, dove gli sfollati nel 2017 sono raddoppiati salendo a 4,4 milioni, a cui vanno aggiunti 620.800 rifugiati.

I dati riportati dal rapporto Acnur confermano anche per il 2017 che l’Europa, e l’Italia in particolare, sono coinvolte in maniera marginale nel fenomeno dei profughi, se non per il fatto di contribuire con generosità alla loro assistenza ovunque nel mondo l’Acnur se ne faccia carico. L’87% dei fondi di cui l’agenzia Onu dispone provengono infatti da Stati Uniti, Unione Europea e paesi europei e anche buona parte del restante 13% – donazioni di fondazioni e privati, fondi Onu… – proviene dagli stessi paesi.

Su 20 milioni di rifugiati 16,9 milioni, pari all’85% del totale, sono ospitati in paesi in via di sviluppo e 6,7 milioni in paesi tra i meno sviluppati del mondo. Il motivo è che l’85% dei profughi cerca rifugio in un paese confinante che spesso è tra quelli classificati poco sviluppati. Lo fa prima di tutto perché lo prevede la Convenzione di Ginevra che impone di chiedere asilo nel primo stato in cui un profugo mette piede dopo aver lasciato il proprio. Molti rifugiati inoltre non hanno modo di chiedere di essere riallocati altrove. Ma soprattutto quasi tutti i profughi desiderano restare vicino il più possibile a casa nella speranza di ritornarvi un giorno.

Tuttavia due paesi europei figurano tra quelli a cui nel 2017 sono state presentate più richieste di asilo: la Germania, con 198.000 richieste, e l’Italia, con 126.500, precedute dagli Stati Uniti, in testa con 331.700. In tutto in Europa sono state registrate 728.470 richieste di asilo, 44% in meno rispetto al 2016. “La pressione migratoria resta elevata alle frontiere esterne dell’Ue – scrive la Easo, European Asylum Support Office, nel suo ultimo rapporto appena pubblicato – ma è scesa per il secondo anno consecutivo, per lo più lungo le rotte del Mediterraneo orientale e centrale, mentre si è verificato un incremento senza precedenti lungo la rotta del Mediterraneo occidentale”.

È superfluo ricordare che la maggior parte delle persone che oltrepassano i confini dell’Ue però non sono profughi. Sostengono di esserlo per non essere respinte, ma la percentuale di quelle che ottengono qualche forma di protezione internazionale è inferiore al 40% e quella di chi ottiene lo status di rifugiato è ancora più esigua. In Italia, ad esempio, nel 2017 sono state accettate 6.578 richieste di asilo su un totale di 81.527 esaminate. Tuttavia trascorrono anni prima che, dopo i ricorsi previsti dalla legge, chi ha mentito sulla propria condizione venga respinto definitivamente. I rimpatri sia volontari che forzati si verificano a un ritmo lento. Protezione sussidiaria e permesso di soggiorno per motivi umanitari consentono a centinaia di migliaia di persone di risiedere in Europa per lunghi periodi. Molti immigrati finiscono per stabilirvisi definitivamente. Per questo la composizione dei richiedenti asilo merita attenzione.

Siria, Iraq e Afghanistan sono i tre stati da cui provengono più profughi o sedicenti tali, quasi il 30% dei richiedenti: 15% i siriani, 7% sia gli iracheni che gli afghani. Seguono Nigeria, Pakistan, Eritrea, Albania, Bangladesh, Guinea Conakry e Iran. Dunque, che si tratti di profughi o di emigranti, tra coloro che aspirano a vivere in Europa i musulmani prevalgono. È difficile prevedere quanti di essi, al contatto con la popolazione europea e con il suo modo di vivere, rinsalderanno la loro fede e l’attaccamento alle loro radici oppure cederanno all’influenza secolarizzante. Il futuro dell’Europa dipende in parte da questo.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here