Credo sia capitato un po’ a tutti. Entrare in una stanza, una casa che abbiamo tralasciato per lungo tempo e trovarla ricoperta di polvere e muffe. Accade anche nei luoghi che frequentiamo di più: è una lotta costante per mantenerne l’ordine e la bellezza. Chi ha figli lo sa bene: giocattoli, bicchieri, indumenti intimi si possono ritrovare abbandonati un po’ dappertutto. E non possiamo neanche sempre accusarne i bambini.

Una persona che conosco la chiama la vendetta dell’entropia. Il disordine, apparentemente, è l’ultima parola su ogni cosa. In apparenza, appunto. In realtà quello che cerca di imporsi non è un vero caos, ma un ordine diverso dal nostro. Le muffe che chiazzano muri e oggetti, la polvere che ricopre e annebbia, perfino le mutande lasciate dove non ti aspetti rispondono a un loro comando, a una loro disposizione interna. Che non è la nostra, ma che ha una sua ragione e una sua perversa bellezza. I loro regimi riescono ad imporsi perché sono comodi, vantaggiosi, e si battono strenuamente per sopravvivere ed emergere. Ordinare è un lavoro, consuma energia, richiede sacrificio; il suo contrario è una strada in discesa. Come tutte le strade in discesa, più scendi e più è difficile risalire.

Così non ci dovremmo stupire troppo se anche in posti che pensavamo – o speravamo – ordinati, anche nel tempio di Dio, anche tra i suoi custodi, si sono insinuate le muffe. Si è accumulato lo sporco. Le mutande si ritrovano abbandonate sul divano. E’ in qualche maniera naturale, specie nell’istante in cui si mette in dubbio che tenere pulita la casa serva. In cui ci si domanda se la casa sia abitata, se abbia un padrone che tornerà, se valga la pena frequentarla e ordinarla.
Nel momento in cui viene si dubita che in fondo ordine o disordine siano lo stesso, siano due ordini equivalenti. Se sono equivalenti, ci si comincia a chiedere perché fare fatica per uno piuttosto che lasciarsi trasportare dall’altro. Perché salire quando è tanto più comodo scendere.
Se ordine e disordine, bene e male sono equivalenti o indecidibili, allora uno dei due trionfa, la decisione è già presa. Vince la propria convenienza.
Se si presume che non esista la verità, si è già deciso per la menzogna.

Darwin la chiamerebbe sopravvivenza del più adatto: si moltiplica chi trova le condizioni più favorevoli, chi fa meno fatica. Viene il regno della muffa e dello scarafaggio. Se appare più conveniente l’ordine inverso, sarà quello a trionfare. 
Apparentemente.
Perché, a noi che piace avere una casa ordinata ma non sempre abbiamo la forza o il tempo, sappiamo bene che se le muffe crescono troppo, la polvere si accumula in lenzuola grigie, gli indumenti abbandonati ricoprono i pavimenti, qualcosa si spezza.
La casa diventa inabitabile, la comodità si trasforma in scomodità, e quell’ordine inverso comincia a darci ordini. Ne diventiamo schiavi.

E allora spalancate le finestre, via di ramazza, fuori polvere, muffe, scarafaggi. Gli indumenti tornino nei cassetti e negli armadi. Fuori il brutto che c’è dentro, entri il bello. Non c’è casa che non possa essere ripulita.
Per ripristinare l’ordine della verità prima bisogna accettare la verità dell’ordine. Ma dopo, oh quanto splende, oh come è bello abitarci.

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