Non siamo ancora usciti dai disastri giudiziari di Tangentopoli e il nuovo governo prepara un’altra ondata giustizialista. Eppure l’Italia è il paese con più intercettazioni in Europa e con un numero enorme di persone ingiustamente perseguitate dalla giustizia per anni. Perché nessuno protesta?                           

Nel nuovo Contratto di governo che mette d’accordo Lega e Movimento 5 Stelle, nel capitolo apparentemente condivisibile sulla lotta alla corruzione, si legge anche che verrà istituita la figura dell’agente sotto copertura, che verrà quantomeno studiata quella dell’agente provocatore, che verranno potenziate le intercettazioni telefoniche e ovviamente saranno inasprite le pene. Per chi è assetato di sangue e a caccia di colpevoli, questa è musica per le sue orecchie. Per chi si immedesima nelle prossime inevitabili vittime della malagiustizia, tutto ciò fa semplicemente paura. Provate ad immaginare cosa voglia dire un agente provocatore in azione. E’ una persona, che magari anche conosci, mandata lì dagli inquirenti solo per cercare di incastrarti, proponendoti una finta tangente o qualcosa di losco, o apparentemente tale. Provate a immaginare cosa voglia dire, nella pratica, il potenziamento della protezione per chi fa una soffiata, come è scritto nero su bianco nel programma. Vuol dire, semplicemente: incoraggiare la delazione. Mettere i sospetti (non i colpevoli: i sospetti, innocenti inclusi) gli uni contro gli altri. “Capirai, sono misure che riguardano i politici e i burocrati, ambienti corrotti”, ti dice l’uomo della strada. E chi ti dice che lo siano, corrotti? Tutti i politici e tutti i funzionari lo sono? E chi ti dice che anche il tuo telefono non sia già intercettato? Non si sa neppure come possano potenziarle, le intercettazioni.

L’Italia è uno dei paesi del mondo, il primo in Europa, per numero di utenze e di ore intercettate. Le utenze sotto controllo sono stabilmente sopra i 200mila. Sono più di 200mila persone che, a loro volta, parlano con milioni di altre persone. Magari anche tu, che stai leggendo questo articolo, hai parlato a qualche ufficiale di polizia, senza saperlo. Interessante notare, di fronte a questo scenario, la totale noncuranza, quando non è entusiasmo, degli italiani direttamente interessati.

Di giustizia e lotta alla corruzione non si parla mai. Da quando questo governo si è insediato non si fa altro che parlare di Conte e del suo curriculum gonfiato (o almeno così dicono), di Salvini, del ministro della famiglia Fontana e delle sue idee cattoliche che tutti definiscono primitive (perché sono cattoliche), della flat tax che “ruba ai poveri per dare ai ricchi” e dell’immigrazione. E quindi è abbastanza evidente che ai marxisti da redazione saltano i nervi solo quando sentono le loro parole-chiave: famiglia, immigrazione, meno tasse. Ma restano dormienti quando si progetta l’istituzione di un grande fratello giustizialista che potrebbe inquisire chiunque. Quello, a quanto pare, va bene. I pionieri del giustizialismo erano ovviamente i Giacobini, che condannavano (a morte), in base al legittimo sospetto. I più perfezionisti sono stati i Bolscevichi, che hanno anche ideato l’espressione “mani pulite” per indicare una delle loro numerose purghe. In ogni caso l’idea è ben incardinata nella mentalità di sinistra, con metodi più o meno civili: si tratta del pensiero secondo cui la società funzionerebbe benissimo se solo avesse il coraggio di purgarsi dei suoi elementi più corrotti. Basta scoprirli e condannarli. Tutta la politica suggerita, dunque, consiste nel perfezionamento dei metodi di scoperta e poi nell’inasprimento della condanna.

L’indifferenza, quando non l’aperta approvazione del giustizialismo non è un fenomeno nuovo. Si è manifestato per la prima volta, su larga scala, durante Mani Pulite nel 1992-93. Quando i partiti tradizionali (tutti, tranne il Pci) venivano massacrati a colpi di inchieste giudiziarie altamente telegeniche, nessuno si lamentava e tanti applaudivano. Alzi la mano chi sa quanti, di quelli indagati, sono poi stati condannati in via definitiva. Solo una minoranza era colpevole, ma un intero sistema politico ha pagato. Si tende ad applaudire alle notizie degli avvisi di garanzia, dei processi e delle condanne, perché l’uomo tende ad identificarsi nell’inquisitore. Raramente si immedesima nell’inquisito. E’ lo stesso meccanismo psicologico che funziona anche nelle dittature: chi parteggia per la dittatura, si immedesima nel dittatore o quantomeno nel suo beneficiario, mai nella vittima del lager o del gulag.

Eppure provate a farlo, questo esercizio: pensate se la prossima vittima della mala giustizia siete voi. Pensate cosa vuol dire subire anche 10 o 12 anni di processi, magari consapevoli di essere innocenti. Pensate a cosa vuol dire, se avete un qualunque incarico pubblico, a livello cittadino, regionale o (perché no?) nazionale e finire su tutte le prime pagine. Per qualcosa che non avete mai commesso. E voi lo sapete, ma il pubblico non vi crede. E così per 10 anni, o anche di più, dati i tempi della giustizia italiana. Adesso siete ancora sicuri di applaudire a un programma giustizialista?

Questo esercizio è importante, non solo per un programma sulla giustizia, ma per qualsiasi cosa. E’ un modo per vedere se sei per la libertà o no. E purtroppo, viste le opinioni condivise dalla maggioranza degli italiani, la libertà è diventata una merce ben poco richiesta. Se ti immedesimi sempre in chi è al comando, sei contro la libertà. Vuoi, anche se non lo confessi neppure a te stesso, che gli altri facciano quello che vuoi tu. Solo se riesci ad immedesimarti nella vittima sei realmente per la libertà. La libertà è prima di tutto libertà da abusi. Non ti accorgi neppure di quanto sia importante, finché non la perdi.

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